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DISCORSO DEL 25 APRILE 2023 | FESTA DELLA LIBERAZIONE
Discorso del Sindaco in occasione della Festa della Liberazione | 25 Aprile 2023
DISCORSO DEL SINDACO
Care concittadine e cari concittadini, Autorità civili, religiose e militari, Associazioni del territorio e rappresentanti del mondo del volontariato, ragazze e ragazzi presenti: a tutti voi che avete voluto oggi e qui onorare il 25 aprile, giorno della Liberazione d’Italia, il mio saluto riconoscente.
Il 25 aprile ricorre la Festa della Liberazione, una festa nazionale altamente simbolica, istituita nel 1946 dal re Umberto II, su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, per celebrare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. È il giorno della Liberazione, della Pace, della Democrazia, dei Diritti e dell’Eguaglianza.
Un ruolo fondamentale nella lotta di liberazione sappiamo averlo avuto la Resistenza: uomini e donne che scelsero di difendere e di cambiare un paese oppresso da vent’anni di dittatura, sconvolto dalla guerra in corso e dall’occupazione nazista. Dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, a differenza di quanto aveva caratterizzato tutti i conflitti precedenti, quando a difendere la patria era chiamato esclusivamente il cittadino maschio iscritto nelle liste di leva, si venne a creare un’inedita convergenza tra generazioni, quando ai militari che non si unirono all’esercito tedesco si affiancarono gli antifascisti della prima ora, in molti casi già esiliati o imprigionati dalla dittatura, e ragazzi e ragazze nati dopo la Prima guerra mondiale ed educati nelle scuole fasciste, e tra i generi, con l’ingresso delle donne nella Resistenza, anche armata, in ruoli definiti e riconosciuti, elemento di assoluta novità in una società ancora rigidamente patriarcale. La comune militanza nella Resistenza, al di là e al disopra delle differenze di età, di genere, di classe sociale e di militanza politica, consentì a quanti ne fecero parte di condividere valori ed esperienze fondamentali; il comune obiettivo accrebbe la conoscenza e la reciproca fiducia, contribuendo a creare i presupposti per la nascita della Costituzione repubblicana. Quella Costituzione che, come altri hanno ben detto, è la Costituzione più bella del mondo e che, scritta dai Padri Costituenti, rappresenta ancora oggi la linea di demarcazione delle nostre libertà, dei nostri diritti fondamentali e delle nostre garanzie.
Noi non siamo qui oggi per celebrare una ricorrenza ma per ricordare uomini e donne, giovani e meno giovani, che hanno dato vita alla Resistenza e che ci hanno lasciato testimonianze indimenticabili, come quelle che troviamo nelle lettere dei condannati a morte dal regime fascista, nelle parole di commiato che, nelle ultime ore di vita, scrissero a familiari ed amici. Tra i tanti Eusebio Giambone, tipografo quarantenne di Asti, uno di quei militanti che sin dagli anni Venti era impegnato nell’opposizione al regime fascista. Arrestato a Torino, fu fucilato dai militi fascisti il 5 aprile 1944. Nella sua lettera di commiato si rivolge così alla figlia Gisella: “Studia di buona lena come hai fatto finora per crearti un avvenire. Studia non solo per il tuo avvenire ma per essere anche più utile nella società; se un giorno i mezzi non permetteranno di continuare gli studi e dovrai cercarti un lavoro, ricordati che si può studiare ancora e arrivare ai sommi gradi della cultura pur lavorando.”
O come Giacomo Ulivi, studente di legge di 19 anni, partigiano del Comitato di Liberazione Nazionale di Parma, che in una lettera indirizzata agli amici ragionava sul valore della cosa pubblica e sulla necessità dell’impegno del singolo: “Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo. […] Per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante.”
La Resistenza, lo sappiamo, fu guerra patriottica, fu una guerra civile. Norberto Bobbio ha scritto che in una guerra civile ogni parte ritiene di avere diritto di vita e di morte senza limiti nei riguardi del nemico. Ciò però non giustifica qualsiasi azione: le azioni di guerra, come le scelte politiche nella sfera pubblica, non possono essere giudicate esclusivamente in rapporto alle convinzioni che le motivano.
Solo l’etica della responsabilità giustifica le azioni di guerra, quando la difesa della libertà e del diritto all’autodeterminazione, quando la difesa nei confronti dell’aggressore motiva il ricorso alle armi. In guerra, tanto più in una guerra civile, la violazione dell’etica della responsabilità può talora avvenire da ambo le parti, ma non si possono mettere sullo stesso piano occupante e occupato, aggressore e aggredito.
Oggi, la guerra di aggressione russa all’Ucraina ha molte caratteristiche di guerra civile, mentre l’ideologia dello “spazio russo” nega agli ucraini la dignità stessa di nazione. Ancora una volta la guerra reca con sé dilemmi tragici e scuote le coscienze: da un lato la necessità di porre fine quanto prima a morti e distruzione, dall’altro il diritto alla resistenza e all’autodeterminazione.
La storia, purtroppo, si ripete, e non è vero, come da più parti osservato, che sia “magistra vitae”! Non lo è anche perché la si studia troppo poco; se oggi ancora troppe persone considerano la Festa della Liberazione un argomento divisivo, se non condividono gli ideali antifascisti, se non riconoscono che la costituzione repubblicana è profondamente antifascista, significa che ancora non si conosce pienamente cosa sia stato e cosa sia il fascismo. E’ necessario conoscere, conoscere ciò che è stato per affrontare le sfide del presente, consapevoli che solo una salda comunione di intenti, alimentata dagli alti ideali che, scaturiti dalla lotta di Liberazione, animano la nostra Costituzione, ci consentirà di affrontare con speranza e coraggio il futuro.
Viva L’Italia, viva la Liberazione, viva San Marco!
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